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PAQ on FAQ (Professionals Answer Queries on Frequent Accessibility Questions): part I

Introduzione

La legge Stanca ha costretto i professionisti del web a interrogarsi su molte cose, alcune nuove, altre meno, altre ancora talmente vecchie che molti se le erano addirittura dimenticate, ammesso e non concesso che le conoscessero. Webimpossibile ha già dedicato alla legge Stanca diversi articoli e saggi, che potevano anche bastare. Però, abbondando 'distributori di risposte giuste' - chiamiamoli così - che scrivono libri, articoli, risposte nei forum, discettando di argomenti impervi con una certezza che farebbe invidia agli studiosi più titolati, il dibattito sta ottenendo il solo scopo di confondere ancor di più le poche idee che ci sono. Webimpossibile ha deciso dunque di riformulare i suoi vecchi cavalli di battaglia, per maggior chiarezza del lettore e in modo da fugare ogni suo ragionevole dubbio in materia.

Acerboni. Con l'emanazione del decreto 8 luglio 2005 la legge Stanca è definitivamente entrata in vigore. I professionisti del web si domandano cosa succederà e quali competenze ci vogliono per continuare a fare questo mestiere, in particolare nella realizzazione dei siti dell’amministrazione pubblica. E qui sorge il primo problema, cioè l’identificazione degli enti che rientrano nella legge. Quali enti riguarda la legge?

Spallino. La legge distingue tra i soggetti tenuti alla applicazione della legge ("soggetti erogatori") e i soggetti non tenuti alla applicazione della legge ("soggetti privati") ma che possono far verificare da parte del CNIPA l’accessibilità del loro sito internet o del materiale informatico prodotto. I primi sono a loro volta composti:

  1. dalle pubbliche amministrazioni come definite dal Testo Unico del Pubblico Impiego. Si tratta, per fare qualche esempio, delle amministrazioni locali (Regioni, Province, Comuni e Comunità montane), degli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali (sempre a titolo di esempio, l’Automobile Club d'italia, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, la Croce Rossa italiana, l’Istituto Nazionale per il Commercio Estero, l’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro  e così via) dagli istituti scolastici, dalle istituzioni universitarie, dal Servizio sanitario nazionale e così via;

  2. dai soggetti elencati, devo dire un po' alla rinfusa, nella seconda parte del primo comma dell'articolo 3: enti pubblici economici, aziende private concessionarie di servizi pubblici, aziende municipalizzate regionali, enti di assistenza e di riabilitazione pubblici, aziende di trasporto e di telecomunicazione a prevalente partecipazione di capitale pubblico, aziende appaltatrici di servizi informatici (per fare qualche esempio, l'Unione italiana delle Camere di Commercio, l’Ente Nazionale di Assistenza al Volo, il Pio Albergo Trivulzio, la RAI per i servizi di cui è concessionaria e così via). Come ho cercato di spiegare in Legge Stanca: soggetti erogatori, è inutile cercare una ragione di organicità nell'elenco: questi soggetti, assai diversi tra loro, sono accomunati dal fatto di erogare un servizio pubblico o di pubblico interesse. Accenno solo al fatto che alcuni di essi sono anche compresi tra quelli comunque tenuti all'applicazione della legge in quanto rientranti nella nozione di pubblica amministrazione dettata dal Testo Unico del Pubblico Impiego.

Acerboni. Entriamo ora nel merito, e affrontiamo subito il punto fondamentale: i siti della pubblica amministrazione devono essere accessibili?

Spallino. Mi viene da dire di no. Nel senso che la legge non contiene una norma positiva a questo proposito. Sono i contratti che devono prevedere il rispetto di ventidue requisiti tecnici e la legge impone che i contratti contengano la previsione del rispetto dei requisiti, non che i siti siano accessibili. L’accessibilità dei siti è una conseguenza del disposto dell’articolo 4, espresso per altro sotto forma di sanzione, non di prescrizione. È il Codice della Amministrazione digitale che, all'articolo 53, prevede espressamente che i siti delle Pubbliche Amministrazioni centrali siano accessibili e usabili.

Acerboni. Però, se la legge è coerente con il Codice dell'Amministrazione digitale, non è implicito che i siti debbano essere accessibili?

Spallino. No che non lo è. Un conto è il Codice, un conto la legge. Il Codice è una norma quadro, contiene principi, attende disposizioni attuative. La legge fa storia a sé, soprattutto - sottolineo - per il fatto che l'obbligo all’accessibilità è imposto indirettamente, ossia attraverso le sanzioni (nullità del contratto e quant'altro), non direttamente attraverso una norma esplicita. Questo è un punto da tenere presente: trattandosi di sanzioni, la norma non si può applicare in via analogica, ossia alle fattispecie non disciplinate espressamente. Questo chi ha scritto la norma doveva saperlo. O almeno si suppone che lo sapesse.

Acerboni. Cosa significa "in via analogica, ossia alle fattispecie espressamente trattate"?

Spallino. Significa che nell'ordinamento giuridico italiano vige la regola secondo la quale le sanzioni - e la nullità del contratto comminata dall'articolo 4 della legge Stanca è una sanzione - non si applicano se non ai casi espressamente previsti dalla legge. Il che è, lo ricordo, un principio di civiltà, prima che di diritto.

Acerboni. Dunque, il Codice dell’Amministrazione digitale, laddove dice che i siti devono essere accessibili, non può far dire alla legge Stanca una cosa diversa, né avere un concetto di accessibilità diverso da quello della legge Stanca né minacciare sanzioni diverse da quelle della legge Stanca. Giusto?

Spallino. È ovviamente augurabile che il concetto di accessibilità sia il medesimo: ed è ragionevole ritenere che così sarà. In sede di attuazione il Codice disporrà certamente il rinvio alla legge Stanca, quantomeno per il valore “accessibilità". Quanto alle sanzioni, il Codice non minaccia proprio nulla: con una norma di sapore anglosassone si limita a fissare il principio, senza indicare come attuarlo e a chi rivolgersi in caso di sua inattuazione. Devo dire che vedrei con molto favore una sua applicazione in sede giurisprudenziale senza passare per la declinazione fattane dagli esperti di turno. In ogni caso, quand'anche il Codice rinviasse alla legge Stanca per definire il valore ^accessibilità^, resta escluso il sistema di sanzioni, controlli, verifiche e quant'altro previsto dalla legge Stanca a questo proposito.

Acerboni. Dunque, la legge sull'accessibilità riguarda i contratti, non i siti. E se non c'è un contratto? Cioè, per esempio, se il sito viene fatto internamente, senza contratti?

Spallino. Nessuna applicazione dell'articolo 4: il testo della legge, sul punto, è chiarissimo. La legge Stanca non si applica: nullità e sanzioni comprese.

Acerboni. Facciamo una prima sosta e tiriamo alcune conclusioni. La legge riguarda i contratti, e annulla quelli che non prevedono il rispetto dei ventidue requisiti. Se non c'è un contratto, nessuna sanzione. Dunque, i siti potranno benissimo non essere accessibili: basta che siano fatti internamente, senza alcun contratto con fornitori esterni. Questa mi pare una prima certezza chiara. Andiamo avanti. Una volta fatto un contratto, ci sono due casi. Il primo, che il contratto non preveda il rispetto dei ventidue requisiti. Il secondo, che il contratto lo preveda e che il sito non lo sia. Cominciamo dal primo caso: cosa succede nella pratica?

Spallino. Se il contratto non prevede il rispetto dei requisiti è sanzionato con la nullità. Cosa significa? Che è come se non fosse mai venuto ad esistenza. Detto ciò, qual è il problema? Che solo gli interessati possono invocare questa circostanza, non tu, non io, non il cittadino, disabile o meno.

Acerboni. Qual è l’implicazione legata al fatto che solo l’Amministrazione e il soggetto che ha formato il contratto possono dire che il contratto è nullo?

Spallino. In primo luogo, sanzionare con la nullità la mancata previsione del rispetto (sottolineo la mancata previsione, non il rispetto) dei ventidue requisiti è come pretendere di usare un caccia da combattimento F-104 Starfighter per impedire che i piccioni insozzino il Duomo di Milano. Nel tempo necessario per armare il caccia, avere l'autorizzazione al decollo, individuare il piccione, questo non soltanto se ne è già andato, ma sicuramente ha già fatto quello che volevamo impedirgli di fare. In secondo luogo e fuor di metafora: ci sono diverse ipotesi in forza delle quali si arriva a stipulare un contratto tra una pubblica amministrazione, da un lato, e il soggetto fornitore, dall’altro, per la realizzazione di un sito internet. La prima è quella che segue ad una procedura ad evidenza pubblica: è il caso del bando, cui segue una gara, cui segue una aggiudicazione, cui segue un contratto. La seconda è quella che segue ad una procedura senza evidenza pubblica, ossia una trattativa privata cui segue direttamente un contratto. In ambedue i casi l’esito è un contratto. Ora: chi può eccepire la nullità del contratto oltre a quelli che l'hanno firmato? Certamente, mi dirai, il concorrente secondo classificato. La risposta è giusta se aggiungi ^e basta^. è giusta però parziale: non tiene conto che la legittimazione a far valere la nullità va riconosciuta al solo secondo classificato che abbia impugnato l’aggiudicazione avanti il Tribunale Amministrativo Regionale. Se nessuno impugna, vuoi perchè è passato il termine per impugnare l'aggiudicazione, vuoi perchè il contratto è stato sottoscritto decorso questo termine, chi è legittimato ad censurare il contratto perchè nullo, al di là dello Stato? La risposta è: nessuno. Nella realtà le cose saranno molto più semplici: nessuno sarà così sciocco da dimenticarsi di indicare nel contratto il rispetto dei requisiti. Il problema si sposterà più a valle, ossia quando nei fatti il sito si rivelerà non rispettoso dei requisiti fissati dal Decreto Ministeriale dell'8 luglio scorso.

Acerboni. Se il contratto non prevede il rispetto dei requisiti, ma nei fatti il sito è accessibile, il contratto è sempre nullo?

Spallino. A norma di legge, sì, ma buona parte della giurisprudenza amministrativa ritiene che se anche il contratto nullo non è in grado di produrre effetti giuridici, è anche vero che la sua spontanea attuazione non impedisce la regolare esecuzione delle previsioni in esso contenute, "con conseguente salvezza dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’appalto”. In altre parole: il contratto nullo eseguito correttamente non porta ad alcun rifacimento della gara essendo raggiunto e soddisfatto l'interesse pubblico. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia si è recentemente espresso  investendo della questione l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato. Insomma: la scelta dell’imposizione del rispetto dei ventidue requisiti, buoni o cattivi che siano, attraverso una sanzione come quella della nullità del contratto mi sembra sia stata fatta senza aver presente le problematiche connesse ad una simile soluzione.

Acerboni. È nullo il contratto ma non l’aggiudicazione. Che significa?

Spallino. La legge non impone di considerare elemento imprescindibile della validità dell’offerta il rispetto dei ventidue requisiti. Il primo comma dell’articolo 4 stabilisce infatti che i requisiti di accessibilità costituiscono “motivo di preferenza a parità di ogni altra condizione nella valutazione dell'offerta tecnica”, non elemento di validità dell’offerta stessa. Non solo: la stessa norma prevede che si possa non tenere in considerazione il rispetto dei requisiti di accessibilità purché sul punto si motivi. L’aggiudicazione è dunque valida: resta da capire come questa conclusione si concilia con il fatto della inesistenza giuridica del contratto qualora questo non preveda il rispetto dei ventidue requisiti.

Acerboni. E nel caso di un soggetto obbligato alla legge Stanca che non sia una pubblica amministrazione?

Spallino. Questa è una bella domanda: prendiamo il caso di un soggetto privato che eserciti, in regime di concessione, un servizio pubblico. Non entro nel merito di questioni molto complesse su chi sia, e quando, soggetto al rispetto delle procedure ad evidenza pubblica: dico solo che, per fare un esempio, se H3G fosse obbligata all’applicazione della legge Stanca in quanto concessionaria di un servizio di telefonia mobile, il contratto che andrebbe a stipulare con un suo fornitore “per la realizzazione e la modifica di siti INTERNET” attraverso i quali esplicare il servizio pubblico, sarebbe nullo qualora non prevedesse il rispetto dei ventidue requisiti. E io ti dico: e con questo? Nessuna gara, nessuna procedura ad evidenza pubblica, nessun dirigente responsabile: dov’è l’efficacia della sanzione? E tutto ciò senza considerare che la legge Stanca contiene una sorta di ^buco nero^ perché non prevede alcuna forma di controllo nei confronti dei soggetti elencati nella seconda parte del primo comma dell’articolo 3 (enti pubblici economici, aziende private concessionarie di servizi pubblici, aziende municipalizzate regionali, enti di assistenza e di riabilitazione pubblici, aziende di trasporto e di telecomunicazione a prevalente partecipazione di capitale pubblico, aziende appaltatrici di servizi informatici). Sul punto rimando a Legge Stanca: vigilanza e compiti amministrativi di controllo.

Acerboni. Ma come fa l'Amministrazione a sottoscrivere un contatto nullo? Da ingenuo cittadino mi chiedo come sia possibile che l'Amministrazione sia la prima a comportarsi scorrettamente (anche se in buona fede).

Spallino. La produzione normativa è al limite della schizofrenia: fanno fatica gli avvocati a sapere quali leggi sono vigenti, vuoi che un povero segretario comunale, magari vicino alla pensione, lo sappia?

Acerboni. Fino a dove si spinge l’obbligo dell’accessibilità? I siti medio-grandi vengono prodotti attraverso CMS (content Management System), cui è affidata la creazione e la strutturazione dei contenuti del sito. Ma l’obbligo di rispettare i ventidue requisiti vale anche per la parte gestionale dei CMS, ossia per quella che il pubblico non vede?

Spallino. Di tutte le discussioni che ho letto sulle liste interessate nessuna pone l’accento sulla definizione di accessibilità fornita dall’articolo 2 della legge, ossia “la capacità dei sistemi informatici, nelle forme e nei limiti consentiti dalle conoscenze tecnologiche, di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, anche da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie assistive o configurazioni particolari”. Se il criterio di interpretazione è quello dell’articolo 12 delle preleggi al codice civile – ossia le leggi si interpretano anzitutto secondo il dettato letterale delle stesse – sembra più che ragionevole affermare che il valore ^accessibilità^ è strettamente legato al dato positivo dell'^erogazione all’utente^, in termini di servizi e di informazioni. In assenza di questo dato, che senso ha pretendere il rispetto dei ventidue requisiti anche dal lato gestionale, dove nessuna informazione viene erogata o servizio reso? Tutto ciò senza entrare nel merito della legge, dove non esiste alcuna disposizione che dica che i CMS debbano rispettare i ventidue requisiti anche lato gestionale. E il motivo, l’abbiamo detto, è ovvio. Diversa sarebbe la conclusione se l'accezione di ^utente^ fosse quella di generico ^utilizzatore^, svincolata dall'erogazione di un servizio: in questo caso utente è chiunque utilizzi il CMS, per qualsiasi motivo. E quindi anche per erogare un servizio, non per servirsene. Non nascondo di propendere per la prima ipotesi: non posso infatti dimenticare che stiamo parlando di espressioni collocate in un contesto giuridico, non universale [nota 1].

Acerboni. L'altra questione aperta è: se c'è un contratto nullo, chi se ne deve accorgere? Chi sono i danneggiati, a parte i disabili? Come si fa a rimediare?

Spallino. Regioni, province autonome e enti locali vigileranno sull'attuazione da parte dei propri uffici delle disposizioni della legge. La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie, vigilerà, tramite il Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) sul rispetto da parte delle amministrazioni statali. Fisicamente, immagino, verrà individuato un Responsabile, che - finirà così - sarà lo stesso "responsabile dell'accessibilità informatica" previsto dall'art. 9 del Decreto 1 marzo 2005, n. 75. Chi siano i danneggiati, è assolutamente irrilevante ai fini giuridici: ai disabili al più sarà consentito - come ad ogni cittadino - sollecitare l'attività di controllo. Niente di più.

Acerboni. Questo per le amministrazioni pubbliche. Si parla invece di affidare al difensore civico il compito di garantire ai cittadini l’accesso ai servizi internet quando non accessibili: è una proposta valida?

Spallino. A mio avviso, no. Per un motivo molto semplice: esiste un’autorità nazionale deputata alle Comunicazioni, che è l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ed esistono emanazioni regionali di questa, ossia i Co.Re.Com. (Comitati Regionali per le Comunicazioni). L’evoluzione della legislazione non solo nazionale è nel senso non di parcellizzare la tutela, quanto di individuare Autorità deputate a vigilare su materie di interesse nazionale disciplinate da norme quadro, soprattutto ove vi sia il pericolo che attribuzioni federaliste possano in qualche modo creare discriminazioni nella attuazione dei diritti fondamentali dei cittadini a seconda della loro collocazione spaziale. In quest'ottica, credo sia corretto sostenere sia in punto di legittimità sia in punto di convenienza, economicità ed efficienza per lo Stato, l’attribuzione ai Co.Re.Com. della materia, sollecitando il Ministero affinché ne estenda i compiti ed i poteri in materia, anche perchè il Difensore Civico - con tutto il rispetto - non soltanto non ha alcun potere sostanziale ma, soprattutto, nessuna competenza o possibilità di far ricorso a soggetti dotati di queste competenza. Insomma: indicare i Co.Re.Com. a questo scopo servirebbe a mettere una pezza sul fatto che manchi una Autorità garante dedicata. Queste riflessioni potrebbero però rivelarsi superate se al Codice dell'Amministrazione Digitale venissero apportate le modifiche annunciate lo scorso novembre. Uno dei punti oggetto di approfondimento è infatti la concreta azionabilità del diritto, sancito dall'articolo 3, all'uso delle tecnologie telematiche nei rapporti con le pubbliche amministrazioni centrali e con i gestori di pubblici servizi statali, che potrebbe essere affidata alla competenza esclusiva per materia dei Tribunali Amministrativi Regionali. Il che fan ben sperare, per una serie di motivi che ho a suo tempo illustrato su Punto Informatico [nota 2].

Acerboni. Tra i danneggiati io metterei anche coloro (aziende, consulenti) che eventualmente avevano fatto una proposta rispettosa dei requisiti, ma che era stata scartata. è corretto?

Spallino. Fino a quando questo ^danneggiamento^ non viene tramutato in un'iniziativa giurisdizionale contro l'aggiudicazione, non ne vedo la rilevanza, perché la competenza dei TAR in materia di appalti comprende anche quella relativa al risarcimento dei - presunti - danni.

Acerboni. Se un contratto non prevede il rispetto dei ventidue requisiti, l'unica sanzione è la sua nullità?

Spallino. Sì: la sanzione verso il contratto è la nullità. è l'unica che in qualche modo cerca di tendere al ripristino della legalità violata. Certo quella verso il dirigente (articolo 9) non spaventa proprio nessuno.

Acerboni. Puoi spiegarti meglio? Io capisco che se il contratto è nullo, chi lo ha fatto ha qualche responsabilità. Dunque, ci sarà una sanzione anche per lui. Le domande sono due: a) chi è responsabile? b) di che genere ed entità sono le sanzioni previste?

Spallino. Ma che importanza ha, in un'ottica di accessibilità, punire chi ha omesso di vigilare? E per di più punire senza che questo in qualche modo possa riparare a quanto avvenuto? Nella sua follia giuridica, il testo del disegno di legge ministeriale - che imponeva l'integrazione automatica del contratto con la clausola del rispetto della legge - era più efficace. In ogni caso: sarà il responsabile del procedimento o del servizio che sarà ^incolpato^ di aver licenziato una bozza di contratto priva della previsione in questione. Dopo di che scatterà il procedimento amministrativo per valutarne le eventuali, sottolineo eventuali, responsabilità dirigenziali o disciplinari. La responsabilità dirigenziale non si concretizza automaticamente al verificarsi dell'ipotesi (questa come altre), ma al termine delle procedure previste nel decreto legislativo 286/1999, le quali mirano a garantire che la sanzione venga emessa soltanto allorché, definite le procedure, possa "ragionevolmente ritenersi che il mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati dagli organi di governo sia dovuta alla inadeguata capacità professionale (o manageriale) del dirigente" ed avendo presente, tra l'altro, le risorse umane, finanziarie e strumentali assegnate al dirigente ed al suo ufficio.

Acerboni. Quindi, salvo casi molto particolari, la sanzione della nullità del contratto avrà come effetto che il responsabile che aveva fatto quel contratto lo dovrà rifare stando più attento. Se rifare il lavoro è dunque la sanzione per il responsabile, perché si parla tanto di responsabilità dirigenziale a proposito di legge Stanca? Non mi sembra un tema degno di essere trattato in una legge.

Spallino. In linea generale hai perfettamente ragione: il dirigente responsabile è comunque responsabile della mancata applicazione della legge. Ma il fatto del mancato inserimento della previsione contrattuale va comunque valutato per quello che è: ossia un elemento obiettivo da cui aprire un procedimento per verificare se c'è o meno responsabilità. Il rapporto del dirigente verso la PA è assimilabile infatti ad una obbligazione di servizi, non di risultati. Il realtà sotto questa norma c'è, temo, un livello culturale molto basso: l'idea che la PA debba essere costretta al giogo della Stanca come una specie di ruminante e che senza questo nulla possa cambiare. Che tristezza: le PA posseggono in molti casi risorse umane ben superiori, per preparazione, titoli e cultura amministrativa, a quelle degli autori di interventi sulla legge Stanca che si possono leggere, sia on line sia, mi dicono, addirittura su carta.

Acerboni. E il secondo caso, cioè il caso in cui il contratto prevede il rispetto dell'accessibilità, ma il sito realizzato non è accessibile?

Spallino. Siamo in presenza di una fattispecie di responsabilità contrattuale in cui la Pubblica Amministrazione può scegliere se optare, ai sensi dell'art. 1453 del Codice Civile, tra l'adempimento o la risoluzione del contratto. Qui si apre uno scenario complesso: quando parliamo di mancato rispetto, a cosa ci riferiamo? A una pagina, a tutte le pagine, solo ad alcune pagine? E qual è la violazione? Un solo requisito, tutti e ventidue, solo alcuni? E se lo ^aggiustano^ dopo un paio di giorni? Lo scenario è amplissimo: per questo ho già scritto, in un intervento sulla Rivista Amministrativa della Repubblica italiana, che la PA può svolgere con esito sicuramente positivo l'opzione per la risoluzione del contratto solo se in sede di stesura del contratto si sia dichiarato espressamente il rispetto delle linee guida come prestazione di notevole importanza ai sensi dell'art. 1455 c.c., oppure abbia inserito una specifica clausola risolutiva espressa, come "la violazione del tal requisito, di tre requisiti, di tutti i requisiti, protratta per x giorni ecc. ecc".

Acerboni. A voler fare tutti i casi, ci sarebbe anche il sito accessibile fatto senza contratto (cioè internamente, per esempio). Che succede in questo caso?

Spallino. Nessuna applicazione dell'articolo 4 della legge Stanca: si tratta di una fattispecie non prevista. Se in regola, l'Amministrazione, bontà sua, si autocertificherà.

Acerboni. Nella legge si dice che le PA hanno un anno di tempo per realizzare l'accessibilità. Che cosa significa esattamente?

Spallino. Ultimamente sul punto si legge di tutto, soprattutto nelle liste specifiche: se parli della legge Stanca, l'articolo 4 (Obblighi per l'accessibilità) dispone che i contratti che (a) hanno ^per oggetto^ - diciamo così - siti Internet, (b) nei quali una parte sia uno dei soggetti ^istituzionali^ elencati all'art. 3, comma 1, (c) siano ^in essere^ (tralascio ogni commento sull'espressione) alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 11, ossia il 23 agosto 2005 (15 giorni dalla pubblicazione del Decreto sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta l'8 agosto 2005), vengano integrati con la previsione del rispetto dei requisiti di accessibilità in occasione del loro rinnovo, modifica o novazione, con "l'obiettivo di realizzare tale adeguamento entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto", ossia il 23 agosto 2006. Questo è il periodo della legge Stanca che suggerisce la scadenza temporale in questione. Le difficoltà di interpretazione della disposizione sono molte. Non bastava dire: entro un anno dalla data di rinnovo, modifica o novazione del contratto? In realtà, si parla di ^obiettivo^, non di obbligo. Il che mi pare ragionevole.

Acerboni. Quindi, tra un anno, un sito che non è (divenuto) accessibile potrà continuare a essere non accessibile, mentre un sito che è (divenuto) accessibile sarà semplicemente più meritevole di lodi. È così?

Spallino. è così, se parti dall’assunto che entrambi i siti siano privi di contratto o che il contratto ci sia ma non sia oggetto di modifiche o rinnovi in questo lasso di tempo.

Acerboni. Mi pare dunque che ci siano due possibilità: una, che se non c’è un contratto il sito può restare non accessibile all’infinito, pur venendo aggiornato; due, che se c’è un contratto che preveda il rispetto dei requisiti ma il sito non viene rinnovato, il sito può anche restare non accessibile (scusa l’insistenza, ma vorrei capire come stanno le cose oltre ogni ragionevole dubbio)?

Spallino. Punto uno: è come dici. Punto due: non è come dici. Premesso che è il contratto che deve essere oggetto di una qualche modifica, e non il sito, le parti che ^aggiornino^ i contratti devono tendere a realizzare un sito accessibile entro un anno dal 23 agosto 2005.

Acerboni. Dunque, se non c’è un contratto il sito può essere non accessibile. E se c’è il contratto dovrà essere accessibile entro il 23 agosto 2006. Ma c’è anche un’altra cosa: mi pare che la legge Stanca subordini l’accessibilità del sito alla disponibilità del bilancio. Ciò significa che se un’amministrazione non ha i soldi può continuare ad avere e ad aggiornare un sito non accessibile?

Spallino. No. La legge non ha copertura finanziaria perché si è deciso che dovesse essere a costo zero per lo Stato. Il che significa che reperire i soldi per la sua attuazione è compito dei diretti interessati. Che poi questo avvenga, come suggerisce lo Stato, con dei risparmi (come diminuire il numero delle pagine pubblicate, suggerimento istituzionale che mi permetto di non commentare), piuttosto che in altro modo, sono problemi loro. Se il contratto c’è, questo deve prevedere il rispetto dei ventidue requisiti. La mia personale impressione è che su questo non ci sarà una gran battaglia in sede di gara e in sede di valutazioni delle offerte. Nel senso: nessuno dirà “il mio prodotto è più accessibile del tuo”. In primo luogo perché una volta che è previsto il rispetto dei ventidue requisiti, non c’è altra valutazione da fare. In secondo luogo perché, in realtà, le offerte si appoggeranno sull’utilizzo di un CMS, il quale farà tutto: ma i CMS costano e da qualche parte i partecipanti dovranno pur limare per rientrare in gioco, sempre cercando di rispettare il principio secondo il quale - nella valutazione dell'offerta tecnica - il rispetto dei requisiti di accessibilità costituisce motivo di preferenza a parità di ogni altra condizione, quindi anche economica. In assenza di indicazioni chiare nel bando sotto il profilo della valutazione di parametri ulteriori (usabilità, chiarezza nel linguaggio, corretta strutturazione dell'informazione, e così via), la corsa al ribasso potrebbe rivelarsi deleteria sotto il profilo della qualità finale del prodotto.Inizio articolo

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