Osservazioni sulle logiche delle interfacce
La logica del programma
Per chiunque stia leggendo questa pagina, come eseguire certe operazioni sui programmi che usa (il browser, per esempio) è ovvio. Però, immaginiamoci la condizione di uno che non abbia mai usato un computer e che si trovi davanti a una pagina word. Non c’è dubbio che, se sa scrivere a macchina, può scrivere anche alla tastiera del pc, immediatamente. I problemi vengono dopo, quando deve salvare, cancellare, stampare ecc. Tutti noi abbiamo avuto dovuto affrontare problemi dei quali oggi ci vergognamo un po’, ma li abbiamo superati. Come? Imparando (con fatica? io a volte sì) a usare quel programma. Con fatica, perché abbiamo dovuto scoprire e accettare la logica con la quale il progettista ha costruito il programma, cioè ha collocato là questa funzione e lì quest’altra, ha definito in un certo modo una certa cosa e tradotto in quell’altro modo quell’altra cosa. La logica? Qualcuno sa spiegare, per esempio, in base a quale criterio, in Word come nella maggior parte dei programmi non solo di Microsoft l’anteprima di stampa sta nel menu “file” e non in “visualizza”?
Si potrebbe proseguire a lungo elencando incongruenze logiche di vario tipo. La loro presenza (abbondante) ci costringe, quando dobbiamo svolgere una certa operazione, a eseguire esattamente quella procedura, indipendentemente dal fatto che la logica della procedura sia corretta o comprensibile. Noi, pertanto, non possiamo affidarci a una corrispondenza del nostro ragionamento con il ragionamento del progettista, ma dobbiamo memorizzare la sua logica. Controprova: quando eseguiamo operazioni difficili e non frequenti, facciamo sempre una gran fatica a... ricordare come si fa. Questa situazione implica anche che, per compiere operazioni cognitive come scrivere o navigare, cioè per utilizzare gli strumenti e le strategie che ci servono per esprimere il nostro pensiero e conoscere quello degli altri, dobbiamo adattarci a una logica predefinita (e non sempre… logica).
Tale logica è la forma della conoscenza in formato digitale: non solo non possiamo cambiarla (se non superficialmente personalizzando la configurazione), ma la conoscenza in formato digitale non può assumere alcun’altra forma.
Le logiche del browser
C’è però una differenza importante tra il browser e gli altri programmi. Il browser, nello stesso tempo:
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ha, come tutti i programmi, una sua interfaccia che consente all’utente di utilizzarlo;
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è, a differenza degli altri programmi, un’interfaccia, che serve per visualizzare il web, elaborando i segnali fra utente e server.
Dunque, chiamiamo semplicemente interfaccia la forma che il programma assume per visualizzare se stesso, e chiamiamo interfaccia di connessione la funzione del browser. Una definizione, infatti, è necessaria, non foss’altro che per intenderci univocamente. E di distinzioni ne faremo ancora. Infatti, una volta connesso, l’utente giunge su un sito, e lo vede nel modo in cui il browser glielo visualizza. In ogni modo, il sito appare dotato di un suo – diciamo – apparato che serve al navigatore per navigarlo. Questo ‘apparato’ è unico, è realizzato specificamente, distingue quel sito da tutti gli altri, sia per gli aspetti grafici sia perché visualizza in un certo modo, secondo una certa logica, i contenuti del sito. Questo ‘apparato’ è dunque un’interfaccia. Alcuni l’hanno chiamata user interface, ma, poiché è un prodotto editoriale, propongo di chiamarla interfaccia editoriale.
Browser e sito
Siamo dunque in un mondo di interfacce.
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Interfaccia del browser. Serve per l’uso del browser, cioè al dialogo utente-browser. Esempi: salvare una pagina, modificare le impostazioni ecc.
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Interfaccia di connessione. Serve per stabilire il collegamento, cioè al dialogo navigatore-browser-server. Esempio: digitare un indirizzo.
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Interfaccia editoriale. Serve per la navigazione nel sito, cioè al dialogo dialogo navigatore-server. Esempio: passare da una pagina a un’altra.
Non vi è dubbio che il navigatore, per conseguire i suoi
scopi e per orientarsi, si rivolga ora all’interfaccia di connessione
ora all’interfaccia editoriale. Il browser, infatti, gli permette di svolgere
alcune, solo alcune, delle operazioni di navigazione (avanti, indietro ecc).
Altre operazioni, cioè altre relazioni utente-server (il passaggio da
una pagina all’altra, il download ecc.), le gestisce il server attraverso
l’interfaccia editoriale. Il navigatore combina le due interfacce a seconda
delle sue necessità.
Però, non sempre le interfacce editoriali riescono a gestire questa combinazione
in maniera efficace, cioè nel modo migliore per il navigatore. Capita
spesso che il progettista:
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imposti in modo conflittuale il rapporto fra l’interfaccia editoriale e l’interfaccia di connessione (per esempio, facendo apparire il sito in finestre che eliminano l’interfaccia di connessione);
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appesantisca l’interfaccia editoriale con funzioni che sono presenti anche nell’interfaccia di connessione (per esempio inserendo link alla pagina precedente/successiva).
Operando in questi modi, il progettista, pur mostrando di volersi emancipare dall’interfaccia di connessione, mantiene l’interfaccia editoriale in una condizione subordinata rispetto al browser. Infatti, non è escludendo il browser o riproducendone alcune funzioni che si sposta a vantaggio dell’interfaccia editoriale l’attenzione del navigatore. L’attenzione del navigatore può essere spostata sull’interfaccia editoriale solo se l’interfaccia editoriale ha delle caratteristiche radicalmente diverse da quelle del browser.
La logica dell'interfaccia editoriale
Come abbiamo visto, l’interfaccia dei vari programmi e l’interfaccia di connessione impongono all’utente la comprensione dell’unica logica possibile per farli funzionare. La differenza radicale tra interfaccia di connessione e interfaccia editoriale sta dunque nella logica, una logica che deve governare il progetto editoriale e che deve essere diversa dalla logica del browser. Più precisamente, l’interfaccia editoriale si può differenziare profondamente dal browser solo se consente al navigatore una navigazione libera da una logica predefinita, cioè se si pone come uno spazio nel quale il navigatore non sia costretto a scoprire, accettare e memorizzare logiche non sue (e non sempre… logiche). Le interfacce editoriali che fanno coincidere la navigazione con la struttura del sito, cioè con la logica con la quale le informazioni sono state classificate e gerarchizzate, non ottengono questa differenziazione.
In altri termini, se l’accesso alle informazioni avviene solo scendendo lungo la struttura del sito, e se il passaggio da un’informazione a un’altra può avvenire solo risalendo lungo la struttura e ridiscendendola fino a una nuova informazione, l’interfaccia editoriale non ottiene questa differenziazione. è ciò che accade nella stragrande maggioranza dei siti, come quello della Banca d'italia, per fare un solo esempio importante.
Fino a quando la logica dei singoli siti riprodurrà la
logica universale e traballante delle interfacce di connessione, internet
non potrà mantenere la promessa dell’interattività,
non potrà cioè esprimere il suo potenziale comunicativo, anzi
rischia di tradire se stesso, come avverte Lev Manovich: “l’interfaccia
impone ai diversi media la propria logica dopo averli privati delle loro distinzioni
originarie [...]. Per esempio, il sistema di archiviazione gerarchica dei file
presuppone che il mondo si possa organizzare in una gerarchia logica a più
livelli” (Il linguaggio dei nuovi media, Milano, Olivares, 2004,
p. 91).